
Dott.ssa Noemi Di Nardo
Centro clinico per autismo, Sostegno Psicologico, Psicoterapia
Intervista sul disturbo da stress post-traumatico per il movimento dei diritti delle donne
I sintomi di un disturbo da stress post traumatico come influenzano la donna nel cercare lavoro, iniziare a studiare, gestire lavoro studio e figli?
Il disturbo post traumatico da stress può avvenire in conseguenza ad un’esperienza diretta dell’evento/i traumatico/i
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Assistere direttamente ad un evento traumatico accaduto ad altri
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Venire a conoscenza di un evento/i traumatico/i accaduto a un membro della famiglia oppure a un amico stretto. In caso di morte reale o minaccia di morte di un membro della famiglia o di un amico, l’evento/i deve essere stato violento o accidentale.
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Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento/i traumatico/i
E si può manifestare con
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Ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell’evento/i traumatico/i.
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Ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati all’evento/i traumatico/i.
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Reazioni dissociative (per es. flashback) in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento/i traumatico/i si stesse ripresentando.
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Intensa o prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento/i traumatico/i.
Marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico/i.
Il PTSD ti porta in momenti improvvisi, a rivivere flashback dell’evento traumatico. Avere dei flashback significa provare in un momento sensazioni ed emozioni connesse al trauma, come se rivivessimo l’evento momento dopo momento. Questo accade perché non vi è stata un’elaborazione di ciò che ci è accaduto. Il nostro cervello spesso congela le connessioni tra la parte deputata all’elaborazione degli stimoli sensoriali (quello che in quel momento abbiamo visto, udito, toccato, annusato quindi le sensazioni che abbiamo provato attraverso il nostro corpo) e la parte deputata all’elaborazione delle emozioni, come a voler difenderci dal provare nuovamente emozioni estremamente forti e destabilizzanti. Il ricordo dell’evento però torna a presentarsi, forte, come uno tsunami, e nel momento in cui le sensazioni e le emozioni relative, riemergono, ne veniamo completamente soffocate. Queste sensazioni ed emozioni però bloccano, vengono avvertite come un panico estremo, e proprio per la loro imprevedibilità e per la forza che hanno, portano la persona a cominciare a chiudersi sempre più evitando anche situazioni sociali o di comune vita quotidiana. Inoltre può capitare che la persona che la persona che vive una condizione simile, scelga di non condividere la sua esperienza per paura di essere giudicata o perché può temere che gli altri minimizzino la sua situazione. Non è infrequente infatti sentirci dire in situazioni di forte stress quel “rilassati” che in realtà ci fa comprendere di non essere ascoltate. Inoltre, se ad esempio la donna ha vissuto una condizione di abuso, potrebbe aver paura di subire un pregiudizio e purtroppo una mancata elaborazione di una situazione urgente come questa, potrebbe portare ad esacerbare ancora di più le manifestazioni di panico e stress. Fare qualsiasi cosa, in questo caso, può diventare problematico, soprattutto possono aumentare pensieri e sensazioni spiacevoli legate al non sentirsi competenti nello svolgere il proprio ruolo: studentessa, madre, lavoratrice, che non fanno altro che mantenere la donna in una condizione di immobilità.
Un trauma vissuto può influenzare nel rimanere ferme nella stessa situazione? In un lavoro che non ci piace, un rapporto che non ci piace, a non denunciare, a non studiare…
Quando non ci sentiamo in grado di affrontare situazioni stressanti, come nel ptsd o come anche in una situazione di stress lavoro correlato o se stiamo subendo una situazione di violenza fisica, psicologica o mobbing, la nostra mente spesso agisce contro di noi portandoci a legarci a pensieri che ci condizionano nel nostro agire. Se nella mia mente produco pensieri di sfiducia verso me stessa o squalificanti, perché credo di non riuscire a modificare la mia condizione, mi legherò sempre di più a questi pensieri reputandoli veri, e dentro di me ci saranno sicuramente sensazioni legate ad una profonda tristezza o frustrazione. Per non affrontare queste sensazioni magari cercherò di evitare quelle situazioni spiacevoli che me le provocano. La situazione però purtroppo non cambierà e continueremo a permanere in una condizione di sofferenza sia lavorativa che sentimentale. Inoltre potremmo non renderci conto di aver subìto delle manipolazioni. La donna sia all’interno della coppia che in qualsiasi altro ambiente, familiare o lavorativo, può essere soggetta a gaslighting, una distorsione all’interno della comunicazione, che ha lo scopo di annichilire ed umiliare la persona, che, senza più difese, subisce. Questa passività inoltre andrà a stimolare ancora di più l’aggressività dell’abusatore, facendo permanere la donna in un ciclo di violenza, poiche sceglierà magari di non denunciare la sua situazione per paura di subìre ritorsioni ancora più gravi o per paura di non essere creduta in primis da chi le è vicino, perché spesso la persona abusante, agli occhi degli altri appare come perfetto ed amorevole. Anche in una situazione in cui la donna può aver subìto un abuso sessuale, può esserci una forte difficoltà nel raccontare l’accaduto sia perché ci si può scontrare con il pregiudizio della donna provocatrice, sia perché parlare di una situazione simile significa doverla rivivere attraverso le parole e tutto questo, se non elaborato in un contesto adatto può portare nuovamente ad un emergere di quelle sensazioni legate al panico.
C’è un collegamento tra violenza e disturbi alimentari, obesità, sedentarietà, mancanza di cura personale ed aspirazioni, sviluppo di malattie autoimmuni, ecc?
Ritenersi dipendenti, sottomesse, colpevoli e giudicarsi come non in grado di accudire e crescere serenamente i figli o non reputarsi all’altezza di mantenere un lavoro o anche solo di uscire di casa o pensare di non avere nessuna competenza, sono giudizi che aumentano il dolore associato alle violenze subìte (Walser, Hayes, 2006). Il linguaggio gioca quindi un ruolo fondamentale nella moderazione del danno causato da un evento traumatico, poiché ci fa immaginare come sarebbe stato non vivere determinati eventi nel passato e crea ipotetici ed irreali scenari futuri (“se non avessi fatto/detto... adesso sarebbe diverso”). Questo messaggio manda la propria vita nel caos poiché quando ci leghiamo a giudizi e valutazioni e riteniamo di essere danneggiati, evitiamo noi stessi, il mondo e la nostra sofferenza restando bloccati nel passato traumatico; bisogna sempre ricordare che non si è responsabili né colpevoli dei traumi subìti, ma si è responsabile per come uscirne (Walser, 2006) e non è sui nostri pensieri, emozioni ed esperienze traumatiche che dobbiamo basare la nostra idea di noi stessi.
Le esperienze interne non desiderabili come l’ansia, la tristezza, il panico ed i pensieri suicidari sono spesso considerati come segnale del fatto che qualcosa in noi è sbagliato, e si ritiene di non poter vivere pienamente finché queste manifestazioni di sofferenza non saranno eliminate.
La sofferenza emotiva è data invece proprio dagli sforzi compiuti per controllare i sentimenti e per annullare il dolore, spesso attraverso assunzione di farmaci o sostanze, o spostandosi sul cibo. E’ come se cercassimo di trovare dei tappi al nostro dolore, per non sentirlo, ma in realtà sono strategie solo momentanee e quindi possono avere solo un’efficacia nell’immediato, ma non risolvono il problema a lungo termine, anzi, tendono a far si che la nostra vita peggiori portandoci poi a seri problemi di salute. Vivere una situazione traumatica come quella delineata in questa testimonianza, spesso comporta esperire la vergogna, l’umiliazione e la paura che a loro volta portano ad una difficoltà nel condividere quanto accade e si può provare una forte ambivalenza tra questo desiderio di raccontare il proprio dolore o nasconderlo